La sharing economy cos’è e quanto si sta diffondendo?
Sharing economy definizione:
Secondo l’OXFORD DICTIONARY la sharing economy è:
“un sistema economico in cui beni o servizi sono condivisi tra individui privati, gratis o a pagamento, attraverso Internet.”
Ma al di là della definizione di sharing economy, per capirla a fondo dobbiamo prima affrontare il tema del profondo cambiamento che è avvenuto nella popolazione e della sua svolta digitale.
Sharing economy significato: è legato strettamente ai suoi utilizzatori.
Un settantenne non appartiene a questa categoria e non è abituato a ragionare in termini di sharing economy, forse neanche la maggioranza dei sessantenni, quelli che stanno per andare in pensione tra qualche anno, hanno questa cognizione.
Quindi la classe lavorativa di coloro che a quella età ricoprono ruoli primari di responsabilità, non ha le radici di questa nuova cultura dell’utilizzare i beni piuttosto che comprarli e possederli.
Ecco perchè siamo in una situazione di equilibrio, dove il vecchio stile è ancora predominante sul nuovo, ma ancora per poco.
Il digitale conquista. Perchè è comodo ed è veloce e quindi sempre di più le persone di mezza età si digitalizzano, per comodità e convenienza. Acquistano anche loro su Amazon, una volta scoperto come si fa.
Le vecchie generazioni sono tuttavia ancora legate al concetto di proprietà.
Concetto che è in contrasto con la share economy o economia di utilizzo.
Hanno combattuto per comprare una casa, la macchina, preferiscono acquistare i beni in contanti senza prestiti, non vedono di buon occhio l’affitto e gli impegni rateali.
Considerano l’affitto uno spreco, pagare l’affitto significa buttare via i soldi.
Sono i nostri padri e i nostri nonni, quelli che hanno fatto dell’Italia uno dei paesi più ricchi al mondo in termini case di proprietà e di risparmio privato dei suoi cittadini.
Ora, con la rivoluzione digitale, tutto si è modificato.
I nativi digitali, i millenials, gli appartenenti alla Net Generation, sono i giovani nati tra i primi anni ’80 e la metà degli anni ’90 nel mondo occidentale.

Ed hanno una mentalità completamente diversa.
Della Net Generation si è detto ormai tutto. È caratterizzata da un maggiore utilizzo della comunicazione e delle tecnologie digitali.
L’errore da non commettere, nel rapportarsi con questa generazione, è utilizzare un approccio tradizionale, creando una situazione di incomunicabilità.
Rimanere attaccati a vecchi concetti, impartire una istruzione e un modo di lavorare “old style” è un errore. Lo è anche snobbare il nuovo credendo che solo la tradizione abbia valore.
In questa generazione, molto più che in qualsiasi altra epoca, si percepisce il gap, la frattura con la generazione precedente.
Tante sono le differenze di formazione, di pensiero, di stimoli.
Prima di tirare conclusioni, bisogna analizzare e capire, immedesimarsi e comprendere i nuovi meccanismi di pensiero.
I nativi digitali, in che cosa sono diversi?

Sono connessi costantemente tramite social o applicazioni tipo Whatsapp o Telegram o Instagram.
Mediamente i nostri adolescenti sono “on line” per 4 ore al giorno. Si trasmettono emozioni, immagini, opinioni in tempo reale sui social e sulla rete.
Sono i nuovi consumatori evoluti: confrontano prezzi, valutano le migliori offerte, comprano on line, sanno tutto perchè navigano, studiano, confrontano.
Il loro Store preferito è il web.
Vogliono condividere, essere coinvolti ed ascoltati, usano immagini più che parole.
I nativi digitali sono la prima generazione digitale della storia dell’umanità (2,5 miliardi nel mondo e ben 11 milioni in Italia).
Vengono anche definiti la “renter generation” visto che mirano al servizio, all’uso e non al possesso di un bene.
Vogliono vivere, utilizzare, rinunciano agli acquisti importanti. Sono preparati, determinati, curiosi e non credono più alla pubblicità tradizionale.
E’ la sharing economy
Si parla servizi on demand, peer to peer economy. E sta prendendo piede la digital sharing mobility e altre declinazioni
La gig economy è letteralmente “l’economia dei “lavoretti”. Il suo modello di business è rappresentato da una forza lavoro temporanea, fatta di appaltatori indipendenti, liberi professionisti, e non da dipendenti a tempo indeterminato. Tipico esempio: i riders.
La sharing mobility che indica la possibilità di muoversi da un luogo ad un altro attraverso mezzi e veicoli condivisi come car sharing, bike sharing, scooter sharing, ma anche car pooling e analoghe modalità di condivisione.
La Peer-to-Peer Economy è un modello economico in cui singoli individui interagiscono tra di loro direttamente per comprare o vendere beni e servizi, senza intermediazione di terzi e senza l’uso di un’azienda, in forma privata. Compratore e venditore operano direttamente l’uno con l’altro eseguendo le transazioni.
E le aziende che fanno?
Se le aziende di qualsiasi genere vogliono entrare in contatto con la Net Generation e cioè la maggioranza dei consumatori, devono cambiare modo di porsi e devono farlo alla svelta.
Il cambiamento corre veloce e le aziende tradizionali o si adeguano o spariscono. Le nuove multinazionali sono imprese che solo qualche anno fa nemmeno esistevano.
Tutto oggi è confrontabile, dalle aziende stesse ai prodotti. Comandano le recensioni! Una stella, due, tre, quattro o cinque stelle?
Si compra in base a questo sul web. E guai a sbagliare!
Le nuove multinazionali sono nate e si muovono tutte sul Web, non hanno strutture fisse e sono la rivoluzione digitale.
Tutte le aziende devono diventare digital e rendersi reperibili via web in tempo reale o sono fuori dal mercato. E non c’è tempo. Bisogna adeguarsi velocemente.
Ecco che nuove aziende soppiantano le vecchie e storiche aziende del passato.
Su web si affermano le immagini al posto delle parole. Il modo di dare le notizie cambia contenitore.
Tutto è immagine, istantaneo, esperienziale.
I millenials sanno che conoscenza e talento possono arrivare ovunque. I loro orizzonti sono vasti e puntano al top delle aziende.
Hanno creatività e responsabilità per questo vanno accompagnati e valorizzati.
Rappresentano anche il nostro futuro.
Il compito delle altre generazioni è coesistere e collaborare, per agevolare la crescita e lo sviluppo dei più giovani.
Nelle aziende, le due diverse culture spesso si scontrano e sono scintille.
Gli “old” devono aiutare il nuovo, e cambiare per rimanere in corsa.
E tutti gli altri devono affidarsi alle nuove generazioni e non il contrario.
Sono loro che nel futuro saranno a capo delle aziende, delle Banche, dei Governi e che prenderanno le decisioni.
Non crediamo che esista altra alternativa, prima ci si adegua, meglio è!